Se un gruppo di ricercatori conducesse uno studio di ricerca e coronasse il sacrificio del duro lavoro con la pubblicazione dei risultati ottenuti su una rivista scientifica... sarebbe una notizia bella.
Ma se a condurre questo studio non fossero professionisti della ricerca bensì ragazzi liceali e universitari, con un'età compresa tra i 14 e i 20 anni, nutriti di sani ideali e animati da grande passione ed entusiasmo per la scienza... la notizia sarebbe formidabile.
Se poi lo studio producesse anche risultati importanti e, per il rigore scientifico e la metodologia adottata, diventasse uno dei migliori studi prodotti sul tema… ci sarebbe da pensare all’incredibile.
E se il lavoro venisse accettato e pubblicato da una rivista scientifica, internazionale e autorevole come quelle del gruppo editoriale di Nature... la cosa diventerebbe davvero grandiosa.
Ma se i protagonisti di questo fantastico sogno fossero i ragazzi dell’Agorà … allora tutto rientrerebbe nella “normalità” di una realtà che fa dell’eccezionalità la sua veste caratterizzante.
Gli autori di questa impresa: Alessia Spada, Francesco Antonio Tucci, Aldo Ummarino, Paolo Pio Ciavarella, Nicholas Calà, Vincenzo Troiano, Michele Caputo, Raffaele Ianzano, Silvia Corbo, Marco de Biase, Nicola Fascia, Chiara Forte, Giorgio Gambacorta, Gabriele Maccione, Giuseppina Prencipe, Michele Tomaiuolo.
...ed io mi sento onorato e orgoglioso per aver messo su e guidato questa squadra di straordinari ricercatori.
COVID-19 ha sconvolto la vita degli uomini, le dinamiche sociali e l’economia dei Paesi. Per contenere la diffusione del virus, gli Stati sono stati costretti a prendere delle misure restrittive. Al fine di calibrare la risposta e ridurre l’impatto sulla libertà individuale, si è cercato di comprendere quali fossero i fattori determinanti la diffusione del SARS-CoV-2. Tra questi, uno importante sembrava essere la temperatura.
Diversi articoli sono stati pubblicati, ma i risultati ottenuti erano discordanti. Per alcuni, la temperatura svolgeva un ruolo determinante; per altri, era invece l’umidità il fattore più forte; per altri ancora il vento (tabella 1). Inoltre, il peso che ciascun fattore aveva sulla diffusione del virus variava enormemente tra un lavoro e un altro. Infine, l’esplosione della pandemia anche negli Stati Uniti, Brasile e India (paesi notoriamente caldi), ha fatto sorgere molta perplessità sull’argomento.
In realtà, la discordanza tra i lavori pubblicati era dovuta a limitazioni intrinseche dei disegni sperimentali adottati e/o a valutazioni geoclimatiche parziali (interessanti solo uno o pochi Stati).
Quindi, si rendeva necessario uno studio che analizzasse il fenomeno su scala mondiale, valutasse “tutte” le variabili climatiche ed evitasse i bias (errori nel disegno sperimentale) nei quali sono incorsi molti studi pubblicati.
La risposta è arrivata dallo studio Structural equation modeling to shed light on the controversial role of climate on the spread of SARS-CoV-2 che ha la particolarità di essere stato condotto da un gruppo di giovanissimi ricercatori (14-20 anni) di Agorà Scienze Biomediche.
Il presupposto era capire perché i risultati dei 43 studi pubblicati fossero discordanti. Dopo averli studiati e analizzati accuratamente, sono emerse queste spiegazioni:
a) assenza di un’analisi globale. La maggior parte degli studi ha considerato pochi Paesi, per cui l’estrapolazione generale delle conclusioni è limitata dai fattori climatici di quei territori.
b) Periodo di osservazione breve. I precedenti studi sono stati condotti prendendo in esame un periodo di osservazione limitato (2-8 settimane), insufficiente per una corretta valutazione.
c) Basso numero di variabili climatiche. La gran parte degli studi ha valutato massimo tre fattori climatici. Essendo questi interconnessi tra loro, però, è opportuno valutarli complessivamente.
d) Asincronia della data di inizio. L'epidemia non è scoppiata simultaneamente in tutti i Paesi del mondo. Pertanto, se la percentuale di infezione viene valutata nello stesso momento in tutti i Paesi, accadrà che quelli in cui l’epidemia è iniziata prima riporteranno percentuali più elevate rispetto agli altri. Quindi, è necessario considerare una scala temporale relativa che sincronizzi gli Stati in base alla data di inizio.
e) Disomogeneità del clima. Le condizioni climatiche all’interno di un Paese variano notevolmente da regione a regione. Per cui, se la raccolta dei dati viene limitata ad un solo punto (per esempio la capitale), il dato non è rappresentativo. Per una accurata valutazione, invece, è necessario considerare più punti di raccolta all'interno di uno stesso Stato.
f) Corrispondenza tra data di infezione ed esito del tampone. Il giorno in cui avviene l’infezione non coincide con il giorno in cui avviene la diagnosi, posticipata dal periodo di incubazione, dal ritardo nell’esecuzione del test rispetto all’inizio dei sintomi e dalla comunicazione del suo esito. Di conseguenza, per valutare gli effetti dei fattori metereologici, bisogna prendere i dati climatici con un certo anticipo (lag interval) rispetto alla data di diagnosi.
g) Dipendenza delle variabili. I fattori climatici sono stati considerati singolarmente. Invece, essi interagiscono fortemente tra loro. Pertanto, è necessario ricorrere ad uno strumento statistico che ponderi questo aspetto.
Partendo da queste considerazioni è stata effettuata un'analisi su scala mondiale, prendendo in esame tutte le principali variabili climatiche e prelevandole in più regioni di uno stesso Stato. Inoltre, è stato considerato un lungo periodo di osservazione (16 settimane), calcolando sia il lag interval che l’interdipendenza delle variabili. Per le analisi è stata impiegata la Structural Equation Modeling (SEM), una tecnica di analisi statistica utilizzata per testare le relazioni tra le variabili e per indagare le ipotesi causali.
I risultati sono interessanti poiché dimostrano che i fattori climatici influenzano in modo significativo la diffusione del SARS-CoV-2. Tra le variabili indagate, l'irraggiamento solare è il più influente, seguito da temperatura, umidità, precipitazioni e, con un impatto minimo, dalla pressione atmosferica e dal vento. Tuttavia, sono rilevanti anche i fattori demografici, la severità e l’osservanza delle misure restrittive, l’intensità degli scambi commerciali e dei contatti umani e le misure igieniche, e l'influenza di questi può essere tale da superare l'effetto protettivo del clima (come è successo, in Brasile, in India e negli Stati Uniti, Paesi che, nonostante la buona irradiazione solare e le temperature elevate, hanno avuto un alto tasso di diffusione dell’epidemia).
La situazione pandemica è piombata improvvisamente, interrompendo il regolare corso della vita di tutti. Le giornate scorrevano, ma la lista delle cose da fare per distrarsi e non pensare a tutto ciò che stava accadendo fuori diventava sempre più vuota.
Fu proprio in questo difficile contesto che Antonio (il presidente dell’Agorà), ha l’idea di intraprendere uno studio sul SARS-CoV-2. La finalità era quella di offrire un diversivo che ci tenesse impegnati e uniti, ma, al tempo stesso, anche un’occasione per stimolarci e trasformare una condizione molto negativa in un’opportunità, secondo la sua tanto sostenuta tesi per la quale la felicità va costruita e non attesa.
Al di là dei risultati, sarebbe stato comunque un momento di crescita per noi e sicuramente un modo per vivere meglio e rendere stimolante un periodo altrimenti triste e arido di stimoli. In molti abbiamo accettato la proposta e siamo subito partiti col lavoro.
L’obiettivo era verificare se ci fosse una correlazione tra diffusione del COVID-19 e fattori climatici e demografici. Cioè, vedere se la trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2 dipendeva dai fattori climatici (quali e in che misura) e dai fattori demografici.
Ben presto, però, ciò che era partito come un gioco, si è trasformato in un duro lavoro, di alto profilo scientifico, ma anche molto complesso. E come spesso accade in questi casi, all’aumentare del valore aumenta il carico di lavoro necessario per realizzarlo.
Abbiamo trascorso giornate intere a cercare, ripulire, organizzare e analizzare dati, arrivando a gestirne fino a 2 milioni.
Quando la cosa iniziava a crescere e i risultati si prospettavano interessanti, Antonio ha saggiamente tirato dentro allo studio la Dr.ssa Alessia Spada, esperta di Statistica dell’Università di Foggia, per processare i dati ed effettuare su di essi complesse analisi statistiche, mai sperimentate su quel tipo di dati. Inoltre, ha chiesto ai “veterani” di Agorà, Francesco Tucci (che stava lavorando a progetti di ricerca presso l’Erasmus University di Rotterdam, in Olanda) e Aldo Ummarino (che era impegnato come ricercatore presso l’Humanitas University di Milano) di unirsi al team. Era necessario lo sforzo e l’impegno di tutti, se si voleva ottenere un risultato di un certo livello. Fu così che quello che era nato come un gioco divertente si è progressivamente trasformato in un affascinante e stimolante avventura nel mondo della scienza.
Tutte le sere, alle 19:30, ci incontravamo su Google Meet. Era un appuntamento costante e molto atteso. Era l’occasione per valutare l’andamento dei lavori, per confrontarci, per scambiarci idee e per partorire nuovi percorsi da intraprendere. Ma era anche (e soprattutto), un’occasione piacevolissima di scambio e di relazioni umane. Si parlava di altissima scienza, ma anche di cavolate per ridere. Eravamo dislocati in posti molto diversi e molto distanti (Foggia, San Severo, Lucera, Lesina, Piacenza, Milano e Rotterdam)… ma ci sentivamo straordinariamente vicini, compagni in un viaggio avventuroso verso una meta impossibile ma intrigante.
Abbiamo imparato un sacco di cose nuove: tecniche di analisi e di processamento dei dati, calcoli statistici, concetti di epidemiologia e infettivologia. Siamo arrivati finanche a smanettare nei siti della NASA, del WHO (Organizzazione mondiale della sanità), dell’UNESCO e nei libri della CIA (US Central Intelligence Agency).
Il lavoro, che sarebbe dovuto durare qualche settimana, si è invece protratto per diversi mesi. Alla fine, però, è nato uno dei migliori studi presenti nella letteratura scientifica sul tema. Abbiamo provveduto così a scrivere l’articolo e a inviarlo ad una rivista scientifica. Per la rilevanza dei risultati e delle conclusioni cui eravamo giunti, si è deciso di proporre l’articolo ad una rivista molto autorevole, optando per Scientific Reports, del gruppo editoriale Nature, uno dei più importanti e prestigiosi promoter editoriali del mondo della scienza. Come succede in questi casi, l’editore della rivista, dopo un iniziale vaglio di idoneità, sottopone l’articolo e i dati annessi ai reviewer, scienziati esperti nel settore che, col ruolo di giudice, hanno il compito di analizzare lo studio per verificarne l’attendibilità, l’appropriatezza degli strumenti adottati e la correttezza dei metodi impiegati. Lo scambio di corrispondenza tra il team di ricercatori dell’Agorà e i reviewer è durato mesi. Durante questo lungo periodo sono stati richiesti ulteriori dati e altre analisi che hanno comportato un estenuante lavoro. Alla fine, però, quando oramai eravamo sfiniti, arriva (il 23 marzo 2021) il tanto agognato messaggio dall’editore: “We are delighted to let you know that your manuscript has been accepted for publication in Scientific Reports” (siamo lieti di farvi sapere che il vostro articolo è stato accettato per la pubblicazione in Scientific Reports). La gioia di noi tutti era incontenibile. Sembrava impossibile: giovani ragazzi di 14-20 anni sono divenuti protagonisti e autori di uno studio scientifico di alto livello, scrivendo il loro nome nel firmamento della Scienza. Non so se una cosa del genere si è mai verificata prima; certamente è insolita e ha più il sapore di fiaba che di cronaca.
Avevamo certamente fatto un passo davvero molto più grande della nostra gamba, ma siamo stati forti e determinati, non siamo caduti e siamo andati molto lontani. La lezione imparata è stata la conferma di un vecchio e ripetuto insegnamento di Antonio: lancia il cuore innanzi a te e corri a raccoglierlo.