Avevo iniziato a sognare tastiere attorno ai 10 anni, ma le condizioni economiche familiari non erano tali da consentirmi di comprarmi un organo, né tantomeno un pianoforte. All'epoca (anni '60 e '70), il pianoforte e l'insegnante di musica se lo potevano permettere in pochissimi nel paese in cui vivevo (meno delle dita di una mano) e io non ero sicuramente tra questi.
Il primo approccio con la tastiera l'ebbi all'età di 11 anni col piccolo armonium della chiesetta di San Primiano. In quel periodo frequentavo l'ACR (associazione cattolica ragazzi) e conoscevo un ragazzo poco più grande di me, Filippo Sese, che sapeva suonare (era uno dei privilegiati che aveva avuto la possibilità di studiare musica). Ogni tanto, Filippo ci faceva ascoltare alcuni brani suonati coll'armonium della chiesetta: io rimanevo incantato ad ascoltarlo. Quando potevo, ogni tanto, aprivo la porticina che separava i locali dell'ACR dalla chiesetta e andavo di nascosto a suonare anch'io l'armonium. Più che suonare, ne pigiavo i tasti e ne sperimentavo i registri, perché non avevo alcuna conoscenza musicale. Oltretutto, l'ora di musica a scuola era un'ora di ricreazione e l'insegnante non aveva molta voglia di insegnare.
Dopo qualche anno (a 13 anni), decisi di comprarmi un organo. Così, nell'estate tra la terza media e il primo liceo, andai a lavorare all'autolavaggio di mio zio Adelio e coi guadagni di tre mesi (circa 130 mila lire) comprai (nel negozio di Nasillo, a Foggia) un piccolo organo elettronico. Lo strumento (molto base) aveva una tastiera con quattro ottave di tasti e solo otto registri. Nello stesso periodo, conobbi una comitiva di ragazzi che avevano intenzione di mettere su un gruppo musicale, ma non avevano il tastierista. Fu così che mi proprosi. Il problema era che io, benchè avessi l'organo, non sapevo suonare e non conoscevo gli accordi musicali. All'epoca non c'erano i tutorial di YouTube da cui imparare, perché non c'era YouTube e neanche internet (e nemmeno i computer). Fu così che ebbi l'intuizione di chiedere a quello che poi sarebbe stato il chitarrista del gruppo, Nicola Dentale, di dirmi quale nota musicale riproduceva ogni corda della sua chitarra quando lui eseguiva un determinato accordo. Da questi dettagli riuscii a ricostruirmi la composizione degli accordi (maggiori, minori, di settima, ecc.). Così, piano piano, iniziai a dare armonia ai sfortunati tasti del mio strumento. Poco dopo, costituimmo il gruppo musicale. Eravamo in quattro: io, alla tastiera, Nicola Dentale alla chitarra, Michele Di Lella alla batteria (nonchè voce del gruppo), e Tommaso Cardarelli al basso. Ci chiamavamo "La strana formula".
Nel 1976 le condizioni economiche familiari erano migliorate un po' e mia madre, vedendo la mia passione per la musica, a sorpresa, decise di regalarmi uno splendido organo della Farfisa. Era un vero e proprio gioiello e costava ben 700 mila lire. Col Farfisa ci divertimmo molto con la band, perché lo strumento era dotato di molti effetti (non solo organo, ma anche pianoforte, violini ecc.) e molti brani musicali prima impensabili, si potevano fare. In quel contesto, mia madre mi propose anche di prendere lezioni di musica. Purtroppo, era tardi oramai. Io facevo il 4° liceo e il maestro Giovanni Panunzio, giustamente e con grande senso di onestà, mi sconsigliò di intraprendere il percorso di studio musicale, perché da lì a poco sarei dovuto partire per l'univerisità e non avrei più potuto seguire le lezioni. Di fatto, qualche anno dopo, fummo costretti a sciogliere il gruppo poerché ciascuno di noi aveva preso una propria strada e, per motivi logistici, non era più possibile incontrarsi per suonare assieme. Quella della band fu una bella esperienza; conservo bei ricordi.
La passione per la musica, però, non si spense. Durante gli ultimi anni di università, a Bologna, passavo spesso davanti ad un magnifico negozio di strumenti musicali (Res Rubini), fermandomi a osservare un organo della Technics che era a dir poco straordinario (per l'epoca). Aveva due tastiere, una pedaliera, una sezione ritmica incorporata e dei suoni che erano spettacolari.
Era un oggetto da sogno... anche perché costava oltre 10 milioni di lire (l'equivalente di un anno di lavoro di un operaio). Alla laurea, però, accadde che mia suocera mi fece un regalo in soldi (ben 5 milioni di lire). Fu così che con quei soldi e ricorrendo ad un diabolico stratagemma, riuscii a comprarmi il Technics a meno della metà del prezzo di listino.
L'acquisto del Technics si rivelò una vera benedizione e un ottimo investimento. Con esso ho imparato a suonare molto meglio l'organo e ho continuato a coltivare la mia passione per la musica negli anni. Grazie ad esso ho fatto appassionare i miei figli alla musica e attorno ad esso abbiamo trascorso magnifiche serate con gli amici, a suonare e cantare.
Tutt'ora, mi diletto col Technics (ancora funzionante, dopo oltre 35 anni di vita) e ogni tanto ci ritroviamo con gli amici a suonare e cantare.
Il pianoforte, invece, l'ho scoperto quando fummo costretti a comprarlo ai figli. Difficile non innamorarsi del pianoforte; peccato non saperlo suonare. Come con l'organo, anche col pianoforte ho dovuto, da autodidatta, inventarmi una tecnica e con quello che sono riuscito a mettere su, ho cercato di dare voce ad alcuni brani musicali ai quali ero particolarmente legato. Ovviamente, non potendo usufruire degli spartiti ho cercato di interpretare a modo mio quei brani, spesso trasformandoli enormemente rispetto agli originali (per esempio, Toccata e fuga di Bach) e, tavolta, re-inventandomeli (per esempio Fortuna o Rock & Roll), tanto che dell'originale non hanno quasi niente. Certo, a guardarmi sembro più uno che zappa sulla tastiera (piuttosto che suona), però, mi piace e mi diletto a farlo.