L'idea dello studio sull'Enterobius vermicularis venne lanciata per la prima volta nel 2010, durante il meeting a S. Giovanni R. Per oltre due anni, tre allievi dell’Agorà, Aldo Ummarino, Michela Pucatti e Gaetano Pezzicoli frequentarono il laboratorio di Biologia molecolare dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (diretto dalla dott.ssa Gisella Piepoli) per mettere a punto la metodica PCR. Una volta giunti ad un protocollo accettabile (anno 2013), iniziò lo studio vero e proprio. Coinvolgemmo alcuni medici di base per il reclutamento dei pazienti e diversi altri furono miei pazienti. Una volta ottenuti i primi campioni fecali, iniziammo la parte sperimetale presso il laboratorio dell’Agorà, dislocato nel Centro visite di Lesina. L’organizzazione era questa: il processamento dei campioni, l’estrazione del DNA e la sua purificazione, venivano fatti nel laboratorio di Lesina, mentre la PCR veniva fatta a S. Giovanni R.
Enterobius vermicularis è un nematode che colonizza l'intestino umano, risultando essere uno dei parassiti più diffusi a livello globale. Si stima che circa 400 milioni di persone in tutto il mondo siano affette da questa parassitosi. La manifestazione tipica di un'infestazione da E. vermicularis è il prurito anale, ma in molti casi, l'infestazione può essere asintomatica. In una rilevante percentuale di pazienti, si presenta con sintomi più complessi, come dolore addominale e alterazione dell'alvo, senza la presenza del prurito. Questi ultimi sono, tra l'altro, anche i principali sintomi associati alla sindrome del colon irritabile (IBS). Da qui nasce l'ipotesi che E. vermicularis possa giocare un ruolo patogenetico in alcuni casi di IBS, sebbene ciò non sia stato ancora confermato da evidenze cliniche robuste.
Diversi studi scientifici hanno documentato casi di dolore addominale e alterazione dell'alvo in pazienti con infestazione da E. vermicularis, con sintomi che sono regrediti dopo il trattamento con farmaci antielmintici. Tuttavia, la mancanza di metodiche diagnostiche adeguate limita la capacità di confermare il ruolo di questo parassita in modo definitivo. Le attuali tecniche diagnostiche disponibili, come il scotch test e l'esame parassitologico, sono notevolmente carenti in termini di sensibilità, arrivando a diagnosticare l'infestazione solo nel 15-20% dei casi. Questo comporta una notevole incognita nella diagnosi, lasciando molte infezioni non rilevate e, quindi, non trattate.
Una possibile soluzione a questo problema potrebbe risiedere nell'applicazione della tecnica di biologia molecolare PCR (Polymerase Chain Reaction), una metodica estremamente sensibile che potrebbe migliorare significativamente la diagnosi di E. vermicularis. Tuttavia, gli studi che utilizzano la PCR per identificare E. vermicularis sono ancora pochi e, nella maggior parte dei casi, sono stati condotti per scopi filogenetici o archeologici, senza focalizzarsi sull'identificazione specifica di E. vermicularis. Questo ha portato a metodiche con scarsa specificità per il parassita, riducendo l'affidabilità dei risultati.
Inoltre, la ricerca di E. vermicularis nelle feci è complessa a causa della presenza di numerosi interferenti nella matrice fecale, che complicano notevolmente l'analisi e richiedono tecniche sofisticate per neutralizzarli e purificare il materiale genetico. Il nostro obiettivo di ricerca è sviluppare una metodica PCR altamente specifica per l'identificazione di E. vermicularis nei campioni fecali, creando così una tecnica diagnostica affidabile e clinicamente utile, capace di rispondere alle esigenze diagnostiche di questa parassitosi spesso trascurata.
Lo studio, concepito nel 2010 e avviato nel 2013, ha richiesto circa 8 anni per giungere a conclusione. La durata prolungata del lavoro è principalmente dovuta a due fattori: a) la complessità intrinseca della ricerca e b) la limitata disponibilità di tempo dei ragazzi. La complessità della ricerca è evidente dal fatto che, in otto anni di indagini, nessun altro lavoro scientifico è riuscito a risolvere il problema della diagnosi di E. vermicularis su campioni fecali. D’altro canto, la scarsa disponibilità dei ragazzi si deve alla loro condizione di studenti che, oltre a frequentare la scuola, ricoprono anche il ruolo di docenti nel Corso di Scienze Biomediche, preparando le lezioni per i loro allievi e studiando articoli scientifici per approfondire le tematiche di ricerca. Di conseguenza, l’attività di laboratorio è stata affrontata tra mille altri impegni, con la maggior parte delle sedute di ricerca organizzate di domenica o nei mesi estivi, quando i ragazzi avevano più libertà.
La parte sperimentale dello studio è stata completata nel 2018, ma la scrittura dell'articolo ha richiesto oltre tre anni, a causa delle difficoltà organizzative e della mole di lavoro extra da gestire. Infine, nel gennaio 2022, lo studio sull’Enterobius è stato concluso e pronto per essere presentato. Un percorso lungo, tortuoso, ma estremamente formativo, che ha segnato la crescita e la determinazione dei giovani ricercatori dell'Agorà.
domenica 4 marzo 2012
sabato 5 gennaio 2013
venerdì 22 agosto 2014
venerdì 15 maggio 2015 (festa di San Primiano!)
domenica 24 gennaio 2016
martedì 9 febbraio 2016