Il Corso di Scienze Biomediche vide ufficialmente la luce nella notte del 1° luglio 2006, ma la sua vera nascita si consumò nel pomeriggio di quel venerdì 1° settembre. La prima “casa” di questo progetto fu il garage di casa mia: uno spazio spoglio e austero, privo di pavimento e intonaco, con quattro semplici sedie e senza riscaldamento. Eppure, nonostante l’austerità dell’ambiente, quel luogo grezzo si riempiva di un’atmosfera unica, vibrante di gioia, di uno spirito quasi sacro di dedizione e di un’energia collettiva contagiosa.
All’inizio, l’unico strumento era una vecchia lavagna in grafite, ma la passione mi spinse ben presto ad acquistare un proiettore e un computer usati, nel tentativo di infondere vita e colore alle lezioni. Le mie competenze informatiche e la familiarità con la grafica digitale si rivelarono un aiuto prezioso: grazie a immagini, animazioni e presentazioni PowerPoint, riuscivo a rendere accessibili anche i concetti più complessi. L’accesso a Internet mi apriva un mondo di immagini affascinanti, capaci di stimolare la curiosità e l’entusiasmo degli studenti.
Con il tempo, però, compresi che, nonostante la vivacità e l’energia delle lezioni teoriche, senza un riscontro pratico si rischiava di spegnere la scintilla negli occhi dei ragazzi. A differenza del Corso di Elettronica, quello di Scienze Biomediche soffriva di una carenza di esperienze pratiche, e questo era un limite da superare. Decisi quindi di arricchire il percorso con elementi concreti, capaci di mostrare l’impatto reale di quelle complesse nozioni di biologia. Acquistai un microscopio per le esercitazioni e ideai una serie di iniziative formative e momenti di socializzazione, per trasformare la conoscenza in esperienza e rendere vivo il desiderio di apprendere.
Esame di Biologia (08-06-2007) - Esaminatore: prof. Marco Baldassare
Il libretto (pseudo-universitario) degli esami
Mi impegnai inoltre a ricreare un ambiente stimolante, quasi universitario, capace di immergere gli studenti in una realtà accademica vera e propria. Introdussi le materie fondamentali dei corsi di laurea in Medicina e Biologia — Citologia, Istologia, Genetica, Statistica e molte altre — strutturandole in percorsi formativi completi, ciascuno con un proprio ciclo di lezioni e un esame finale. L’accesso al corso successivo era subordinato al superamento della prova della materia in corso, garantendo così un apprendimento solido e progressivo.
I voti venivano espressi in trentesimi e ogni studente riceveva un libretto universitario personale, completo di fotografia, esiti degli esami e firma del docente esaminatore, a suggellare ufficialmente ogni tappa del percorso. Per rendere più stimolante e reale l’esperienza dell’esame — e per abituare i ragazzi all’emozione che spesso accompagna tali momenti — preparavo test a risposta multipla impegnativi, da completare entro 60 minuti.
Spesso invitavo anche esperti esterni — ricercatori, medici, biologi — per assumere il ruolo di membri della commissione d’esame durante la prova orale, elevando così il livello di confronto e di preparazione. Il rigore metodologico e l’organizzazione didattica erano impeccabili, perché credevo fermamente che solo attraverso disciplina e serietà si potesse coltivare una passione autentica e duratura per la scienza.
Una delle esperienze didattiche più memorabili e stimolanti che riuscii a creare per accendere la passione dei ragazzi fu la lezione di istologia tenuta dal dottor Michele Bisceglia. All’epoca, Michele ricopriva il ruolo di primario di Anatomia Patologica presso l’IRCCS di San Giovanni Rotondo, un centro di eccellenza scientifica, ed era anche un ricercatore di fama internazionale. Tra me e lui correva un’amicizia profonda, nata dalla collaborazione in uno studio sulle gastriti atrofiche, che rese quel momento ancora più speciale.
La lezione si svolse il 7 gennaio 2007 nella piccola e familiare saletta del garage di casa mia. La sua presentazione fu straordinaria, capace di catturare e coinvolgere completamente l’attenzione dei ragazzi. Ma Michele non si limitò a parlare: ci fece un dono prezioso, una serie di preparati istologici da osservare al microscopio. Quei vetrini, sebbene semplici alla vista, avevano un valore formativo inestimabile. Ricordo con emozione che, vent’anni prima, quando frequentavo l’università di Bologna, dovevo percorrere mille chilometri per poter vedere appena quattro vetrini durante le esercitazioni di istologia con la professoressa Bonora, mia ex insegnante.
Quel gesto di generosità ebbe conseguenze che nessuno avrebbe potuto immaginare. Quei preparati divennero il cuore pulsante dell’apprendimento per almeno tre generazioni di allievi, molti dei quali oggi sono affermati medici, ricercatori, biologi e farmacologi. Su quei vetrini si sono formati Aldo, Francesco, Gaetano, Felicia, Teo, Ivana, Michela e tanti altri.
In seguito, coinvolsi spesso il dottor Bisceglia, anche nelle prove d’esame di Anatomia, dove la sua autorevolezza e la sua cultura immensa esercitavano un fascino magnetico sui ragazzi. La stima nei suoi confronti era profonda, tanto che una volta mio figlio Francesco, per esprimere il suo sogno di diventare patologo, disse scherzosamente che da grande avrebbe voluto fare il “bisceglio”. L’ironica sorte volle che, a quattordici anni di distanza, Francesco abbia seguito proprio il corso di specializzazione in Anatomia Patologica, la stessa disciplina che Michele ha saputo rendere così viva e affascinante.
Un’altra esperienza particolarmente affascinante fu la partecipazione al Corso di Microscopia avanzata a Genova, presso l’IST (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro). Si trattava di un corso a numero chiuso, riservato esclusivamente a ricercatori del settore biomedico, ben lontano dall’essere un’iniziativa pensata per ragazzi di 14-16 anni. Eppure, ero convinto che la possibilità di vivere un’esperienza “da grandi” avrebbe acceso in loro un entusiasmo autentico e profondo. Il vero ostacolo fu far accettare la loro partecipazione, una sfida non da poco. Dopo una serie di trattative e un po’ della consueta arte dello “zingariare”, riuscii a ottenere il consenso necessario.
Partirono da Termoli in dieci: otto ragazzi e due accompagnatori, mia moglie e Primiano Dentale, amico e socio fondatore dell’Agorà. Io mi unii a loro a Bologna, dove mi trovavo in quel periodo. Il corso prevedeva quattro giornate intense di presentazioni e visite ai laboratori. La meraviglia iniziale dei ricercatori per la presenza di quei giovani partecipanti lasciò presto spazio all’abitudine, soprattutto perché quei “mocciosi” non sfiguravano affatto nel contesto. Ricordo con piacere i loro interventi, mai banali e a volte addirittura sorprendenti.
Gli organizzatori furono di una cortesia squisita: oltre a permettere loro la partecipazione, concessero l’accesso alla mensa dei ricercatori e li accompagnarono in visite ai laboratori e allo stabulario. Una foto di un gruppo di ragazzi in camice verde nello stabulario divenne per anni l’immagine simbolo dell’Agorà.
Le serate si concludevano in qualche trattoria o pizzeria, per poi ritirarsi in albergo, mentre le mattine iniziavano presto con il ripasso delle nozioni apprese e l’ordinamento degli appunti, in modo da affrontare preparati le lezioni successive. Fu un’esperienza indimenticabile: il contatto diretto con veri scienziati, in laboratori professionali e con strumentazioni d’eccellenza, lasciò un’impronta profonda nei ragazzi.
Videro con i propri occhi come l’entusiasmo e la passione per la scoperta non hanno età, osservando ricercatori esperti animati dalla stessa voglia di capire e studiare che li caratterizzava. Apprenderono moltissimo, dal funzionamento del pixel al potere risolutivo del microscopio, dalle tecniche di microscopia semplice a quella a fluorescenza, dal principio della microscopia confocale ai metodi di conservazione cellulare.
Al ritorno da Genova eravamo tutti euforici e carichi di nuova energia, accompagnati dai numerosi complimenti per la nostra iniziativa. Quel forte stimolo di entusiasmo alimentò la motivazione dei ragazzi per lungo tempo, diventando una fonte inesauribile di ispirazione.
Durante la straordinaria esperienza a Genova, i ragazzi rimasero profondamente affascinati dagli strumenti d’avanguardia che videro nei laboratori dell’IST. In particolare, rimasero colpiti dalla potenza dei microscopi e dalle immagini spettacolari che questi permettevano di ottenere — immagini lontane anni luce da quelle che si riuscivano a produrre con il mio modesto microscopio acquistato su eBay. Questa disparità generava in loro una sottile frustrazione, ma per me accese una scintilla di speranza e ispirazione.
Qualche giorno dopo il rientro, suggerii ai ragazzi di scrivere una lettera di ringraziamento agli organizzatori del corso, cogliendo l’occasione per chiedere se per caso avessero qualche microscopio professionale in disuso o abbandonato da poter donare. L’idea si rivelò ben presto geniale: da Genova arrivò la risposta che, sebbene non avessero microscopi inutilizzati, avrebbero fatto tutto il possibile per trovare una soluzione che potesse soddisfare il desiderio di quei giovani speciali, riconoscendo in loro una passione straordinaria e insolita per la scienza, meritevole di ogni sostegno.
Passarono alcuni mesi, finché un giorno ricevetti una telefonata dal professor Gian Paolo Tonini. Con entusiasmo mi comunicò di aver convinto la prestigiosa azienda Zeiss a donare un microscopio professionale nuovo e che sarebbe stato felice di consegnarlo personalmente ai ragazzi in una cerimonia a Genova. In quel momento si accese un’altra lampadina nella mia mente: poiché un secondo viaggio a Genova era ormai inevitabile, perché non trasformarlo in un evento speciale, capace di motivare ulteriormente i ragazzi e far percepire quel dono non come un regalo, ma come un premio meritato?
Così proposi al professor Tonini di organizzare un esame di Istologia proprio presso l’IST, con la condizione che il microscopio sarebbe stato consegnato solo a chi avesse superato la prova. Tonini accolse con entusiasmo l’idea e fissammo la data per il 31 maggio.
Nei giorni successivi comunicai la splendida notizia ai ragazzi, spronandoli a impegnarsi al massimo per conquistare quell’ambito riconoscimento. L’impegno profuso fu enorme: io mi dedicavo a insegnare l’interpretazione microscopica, mentre mia moglie dava supporto con le ripetizioni della parte teorica. Per stimolare lo studio si organizzavano pigiam party e gare di interpretazione dei vetrini, trasformando la preparazione in un momento di condivisione e divertimento.
Alla fine, eravamo pronti.
Lezioni di ripetizione di Lucia
Pigiama-microspia party e esercitazioni coi vetrini
Il 30 maggio partimmo per Genova. Questa volta gli accompagnatori erano aumentati: oltre a me, c’erano mia moglie Lucia, Concettina Caputo e Peppino Pezzicoli, anch’essi soci fondatori dell’Agorà. Dopo una lunga giornata di viaggio in treno, cenammo e ci riposammo in albergo. La mattina seguente ci recammo all’IST, dove ci accolse il professor Tonini, che aveva convocato per l’esame di Istologia il professor Andrea Cavazzana, illustre patologo e direttore dell’unità operativa complessa di Anatomia e Istologia Patologica di Massa e Carrara. I due organizzarono la seduta d’esame e costituirono una commissione, nella quale furono coinvolti anche alcuni ragazzi.
L’esame durò a lungo, quasi tre ore, e stavamo ormai per concludere quando chiesi di poter interrogare anche Michele Caputo, il più giovane allievo del corso, che per età e statura sembrava più una mascotte che uno studente. Michele aveva allora solo otto anni, era alto meno di un metro e frequentava la seconda elementare. Il professor Tonini mi guardò perplesso e disse: «Dai, Tucci, è solo un bambino, cosa vuoi che sappia di istologia? E poi siamo tutti stanchi, ormai». Io insistetti e il professor Cavazzana, incuriosito dalla mia determinazione, accolse la richiesta e chiamò Michele al microscopio.
Michele era davvero piccolo, tanto che dovette mettersi in punta di piedi per raggiungere l’occhio del microscopio. Dopo pochi secondi di osservazione, iniziò a descrivere con sicurezza ciò che vedeva. La sua esposizione era impeccabile, degna di un eccellente studente universitario. Colpito dalla sua maturità, Cavazzana si scostò dal microscopio per verificare personalmente se la descrizione corrispondesse al preparato: rimase stupito nello scoprire che Michele aveva descritto alla perfezione una sezione di intestino.
Incredulo, prese un secondo vetrino e, sfidando Michele, gli disse che quello era più difficile. Michele, stimolato, fece qualcosa di straordinario: tolse il vetrino dal microscopio, lo osservò controluce, esclamando con sicurezza: «Mi sa che ho capito di cosa si tratta». Questo gesto, abituale tra i patologi esperti, serve a farsi un’idea del distretto anatomico di provenienza del campione. Poi rimise il vetrino sotto l’obiettivo e lo interpretò con sicurezza, identificandolo come una sezione di trachea. Ancora una volta, aveva ragione.
La descrizione di Michele lasciò tutti senza parole, incluso il professor Tonini. A quel punto, tentai una mossa audace, rischiosa ma che, se avesse avuto successo, avrebbe sorpreso tutti. Durante l’esame c’era un vetrino (quello del rene) che nessuno aveva riconosciuto, poiché il rene non era parte del programma d’esame. Sapevo però che Michele era molto bravo in istologia, forse uno dei migliori, e decisi di chiedere al professor Cavazzana di sottoporgli quel vetrino “impossibile”.
Cavazzana sollevò le spalle, con una smorfia come a dire «Ora stai esagerando!», ma, ancora una volta, acconsentì. Lo stupore fu grande quando Michele intuì che si trattava di un rene e ne fece una descrizione impeccabile.
Michele scruta (come un patologo esperto) il preparato in controluce
La copertina Periodico dell'Assoc. Nazionale per la lotta al Neuroblastoma
Alla fine, tutti i ragazzi superarono l’esame con successo. Tra loro, spiccarono due brillanti 30 — Gaetano Pezzicoli e Francesco Tucci — e un eccezionale 30 e lode, assegnato al piccolo Michele Caputo con la seguente motivazione: «30 e lode a Michele Caputo per aver dimostrato una rara capacità di apprendere nozioni scientifiche complesse, pur disponendo di strumenti tecnico-linguistici semplici, coerenti con la sua giovane età».
Al verdetto seguì un momento di grande emozione: tutti i ragazzi si strinsero intorno a Michele, sollevandolo in trionfo come un eroe. La gioia esplose nel momento in cui il microscopio, curato e maneggiato con immensa attenzione, fu portato a casa come un prezioso trofeo.
La straordinaria performance di Michele attirò l’attenzione oltre il nostro piccolo gruppo: il periodico dell’Associazione Nazionale per la Lotta al Neuroblastoma dedicò un articolo all’esperienza dei ragazzi, scegliendo di mettere in copertina la foto del giovane Michele al microscopio, simbolo di passione, talento e determinazione.
Le esperienze iniziali riportate sopra hanno hanno avuto un impatto notevole sull'evoluzione successiva del Corso di Scienze Biomediche. Nelle sezioni Esperienze formative, Eventi speciali ed Eventi memorabili sono riportate le esperienze più significative, ma numerosi altri eventi hanno contrassegnato la storia dell'Agorà, tanti, che a volerli anche solo elencare, non basterebbero pagine intere.
... di questi (anno 2023) ...
Gaetano Pezzicoli: laureato in Medicina (110/110 e lode), Oncologo al Policlinico di Bari + ricerca nel settore oncologico.
Aldo Ummarino: laureato in Medicina (110/110 e lode), ricercatore peresso l'Harvard University di Boston (USA).
Francesco Tucci: Laureato in Medicina (110/110 e lode), fa la specializzazione in Anatomia Patologica + ricerca presso l'Istit. Europeo di Oncologia
Antonio Di Virgilio: laureato in Medicina (110/110 e lode), Pediatria presso il Riuniti di Foggia .
Domenico Parigino: laureato in Medicina (110/110 e lode), Cardiochirurgo presso il Policlinico di Bari.
Teo D'Addetta: laureato in Medicina (110/110), fa Medicina Fisica e Ribilitativa presso l'università di Milano.
Maselli Felicia: laureata in Medicina, lavora presso l'Oncologia degli Ospedali Riuniti di Foggia.
Milena Colella: laureata in Biologia molecolare (110/110 e lode), Dottorato + Master alla Sapienza di Roma. Si coccupa di microscopia avanzata.
Michela Pucatti, laureata in Farmacia (110/110 e lode), laureata in Farmacia ospedaliera; lavoira per la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera.
Ivana Panunzio: laureata in Biotecnologie mediche, Master in Epidemiologia e telemedicina; si occupa di analisi microbiologiche ambientali.
Lucia Dentale: laureata in Interpretariato, Master in Medicina, è docente presso la Scuola Superiore di Mediazione Linguistica di Foggia
Michele Caputo: università di Medicina, frequenta il 5° anno.