Il presepe è la tradizionale rappresentazione della nascita di Gesù. Il termine deriva dal latino prae (davanti) e saepes (recinto), indicando così un luogo delimitato, in particolare la mangiatoia. Il Metasaepe – il cui nome prende origine dal greco μετά, che significa “oltre” o “dopo” – va invece oltre il semplice recinto [1].
Il Metasaepe si sviluppa su due piani distinti: un livello superiore, detto ipogeo, e un livello inferiore, detto epigeo. Questi termini, mutuati dalla botanica, descrivono le due parti fondamentali di una pianta: l’epigeo, la porzione visibile che si sviluppa in superficie – fusto, rami, foglie – e l’ipogeo, la parte nascosta, sotterranea, che nutre e sostiene la vita sopra di sé – le radici.
Nel Metasaepe, l’epigeo simboleggia la realtà sensibile, il mondo esterno percepibile dai sensi, ciò che appare in superficie; mentre l’ipogeo rappresenta l’intimità dell’anima, il soffio vitale, il mondo nascosto e profondo che sostiene e permea la realtà visibile.
Tuttavia, nel Metasaepe la disposizione dei due piani si ribalta: l’ipogeo si colloca in alto, mentre l’epigeo si trova in basso. Questa inversione è voluta con intenti ascetici, suggerendo un percorso di elevazione interiore che, partendo dal piano dell’apparenza (epigeo), conduce verso la dimensione nascosta e superiore (ipogeo).
La scena del Metasaepe è dominata dall’acqua, che ne rivela il tema portante. L’acqua, elemento archetipo per gli antichi filosofi, rappresenta il principio generatore, simbolo primordiale della vita umana. Con il suo fluire silenzioso ed eterno, essa attraversa trasversalmente e verticalmente entrambi i piani, coinvolgendo non solo l’ipogeo, ma anche l’epigeo.
La sorgente di questa acqua è lontanissima, situata oltre l’ipogeo, in un punto quasi impercettibile da cui si sprigiona una flebile luce siderale, rimando alla sua origine cosmologica, sospesa ai confini estremi dell’universo [2].
[1] Il termine metasaepe non esiste, è stato appositamente coniato per descrivere il particolare componimento.
[2] A portare l’acqua sul nostro pianeta sono state le comete e gli asteroidi provenienti dagli estremi confini dell’universo e che hanno impattato la Terra nel corso dei suoi quasi 5 miliardi di anni di vita.
L’acqua è l'unico elemento in movimento del Metasaepe. Essa nasce oltre l’ipogeo, in un punto quasi impercettibile da cui promana una flebile luce siderale. Da lì, attraversa,(trasversalmente e verticalmente), sia l'ipogeo che l'epigeo.
Subito dopo il distacco dalla sorgente, l’acqua viene costretta a confluire nell’angusto alveo del fiume, obbligata a seguire un percorso prestabilito, priva di ogni libertà di scelta. Viene convogliata, precipitata, ristretta, stipata, incanalata e infine rilasciata — fino a concludere la sua corsa nelle stagnanti paludi dell’epigeo, piene di putredine e fetore di morte.
«In simil forma passan le prosapie umane» [2]. Così come l’acqua, anche la vita degli uomini scorre libera solo in apparenza, costretta in realtà a muoversi lungo binari invisibili che ne limitano la libertà e ne sviliscono l’essenza più profonda.
Nel suo insieme, il Metasaepe vuole essere la celebrazione del risveglio della coscienza umana dal torpore mentale che narcotizza l’intelletto, l’invito a riappropriarsi della propria essenza, la nascita a una nuova vita senza passare attraverso la morte. È il cammino del fiume che risale verso la sorgente da cui un giorno è stato sottratto, con la promessa di un mare lontano [3].
La natività diviene così l’epilogo di questo viaggio interiore: il parto, spesso doloroso e travagliato, di una vita finalmente libera, autentica e illuminata [4], governata dalla consapevolezza di sé e di ciò che la circonda.
[2] «In simil forma passan le prosapie umane»: espressione è tratta dalla poesia Nubi erranti di Giacomo Zanella (1820-1888) (In Giacomo Zanella “Poesie”, La Locusta, Vicenza 1983, p. 64).
[3] Il destino naturale della gran parte dei fiumi è il mare. In esso l’acqua chiude il suo ciclo vitale (iniziato con l’evaporazione dal mare, la pioggia o la neve, ecc.). Tuttavia, ci sono alcuni fiumi che non raggiungono il mare e muoiono in un lago o sprofondano e si perdono sottoterra.
[4] Il termine luce viene utilizzato come metafora di conoscenza.
Gli elementi ambientali attraverso i quali l’epigeo si caratterizza e coi quali intreccia la vita degli uomini sono:
il recinto,
il portico degli dei vacui,
lo stagno della fonte,
l’albero invertito,
la scala del tempio.
Gli elementi ambientali attraverso i quali l’ipogeo si caratterizza e coi quali si offre alla vita degli uomini sono:
la fontana della vittoria,
la sorgente,
il tempio della natività,
l'albero della vita (Zoe),
il cielo.
(Giacomo Zannella)
Agili nubi,
com'è bello il vostro vario sembiante,
quando innanzi al vento,
a somiglianza di fuggiasco armento,
ite disperse per l'etereo chiostro,
quale cangiante fra topazio ed ostro,
qual di fosco listata e qual d'argento;
altra immane centauro al portamento,
altra con zanne di mostro marino.
Come il deserto fan le carovane,
voi l'aria attraversate a torma a torma;
né un color, né una faccia di voi rimane,
sempre nuove ed antiche.
In simil forma passan quaggiuso le prosapie umane
ed a la vostra egual lascian l'orma.
ite=andate
armento=mandria di animali
etereo chiostro=cortile celeste
ostro=color rosso sangue
di fosco listata=ornata a strisce e dall’aspetto cupo e minaccioso
immane centauro al portamento = che si muove come un enorme e spaventoso centauro
a torma a torma=come una schiera (es. schiera di soldati)
prosapie umane=le progenie umane, le discendenze
ed a la vostra egual=come voi