Il primo prototipo dell’EndoFaster portava un nome insolito: Mt 21-42. La sigla si ispirava a un versetto del Vangelo secondo Matteo ("La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo") e rifletteva perfettamente lo spirito del progetto.
Il dispositivo, infatti, si basava sull’analisi di un materiale — il succo gastrico — che fino ad allora veniva semplicemente aspirato e smaltito durante la gastroscopia. Ciò che era sempre stato scartato come un rifiuto privo di valore, si rivelava invece una risorsa diagnostica fondamentale: da "scarto" a "chiave di volta", appunto.
Attraverso l’analisi in tempo reale di specifiche sostanze presenti nel secreto gastrico, l’Mt 21-42 si proponeva di individuare precocemente patologie gastriche e condizioni a rischio tumorale, offrendo un nuovo approccio alla diagnosi endoscopica.
Il prototipo fu interamente realizzato tra lo studio e il garage di casa, trasformati, tra il 1998 e il 2002, in un laboratorio artigianale ma funzionale.
Lo studio ospitava tre postazioni: un banco per l’idraulica e la meccanica, uno per l’elettronica e un piano di lavoro dedicato al computer e ai relativi accessori.
Il garage, invece, divenne l’officina vera e propria: lì venivano modellate le componenti in metallo e plastica, e sviluppate le schede elettroniche — un processo tutt’altro che semplice, che richiedeva precisione e pazienza.
Le immagini riportate si riferiscono alla versione finale del prototipo: quella con cui fu avviata la prima sperimentazione clinica.
Il cuore del dispositivo — il software — era stato interamente compilato da mio figlio Primiano, allora tredicenne.
Sintesi degli oltre 4.000 test effettuati da febbraio a luglio 2002. La linea di colore fucsia rappresenta la percentuale di errore che l'Mt 21-42 commetteva nella misurazione. Come si può notare, tale percentuale è stata progressivamente ridotta da 20% a quasi 0% nel corso dei sei mesi di prove.